Nina's Drag Queen
Corpo politico, corpo estetico, corpo performativo. La Drag Queen è qualcosa di forte e leggero insieme, dove l'eccesso diventa autoironia. Me lo raccontano Alessio, Gianluca, Lorenzo e Ulisse che incontro prima del loro spettacolo Nina's Radio Night, prima che cominci la trasmutazione in Donata, Desireé, Dora e Demetra.
Sono alcune delle Nina's Drag Queen, una compagnia teatrale milanese che dalla prima performance estemporanea voluta da Fabio Chiesa al Teatro di Ringhiera, da una quindicina d'anni propone i suoi spettacoli che mescolano cabaret, rivista, performance e rilettura Drag dei classici teatrali. Ma anche laboratori dove uomini e donne con esercizi, trucco ed equilibrio sui tacchi, imparano a far emergere il personaggio Drag che portano in sé. E poi camminate notturne per le strade e i parchi di Milano, podcast, eventi online, pillole audio.
Vederle in trasformazione è un'esperienza affascinante, uomini che si plasmano il volto e il corpo per rinascere in una forma nuova libera e divina, inaccessibili creature che con grazia ed ironia cantano e irridono gli stereotipi e i pregiudizi di genere, farfalle dai colori sgargianti che con coraggio esplorano i propri limiti spostando l'asticella sempre un poco più in là, a misurare sulla pelle l'interconnessione tra se stessi e il mondo. Pronte per il loro pubblico salgono le scale del palco, fluttuando sui tacchi alti entrano in scena con il loro scintillante corpo, corpo performativo, corpo estetico, corpo politico.
Sono alcune delle Nina's Drag Queen, una compagnia teatrale milanese che dalla prima performance estemporanea voluta da Fabio Chiesa al Teatro di Ringhiera, da una quindicina d'anni propone i suoi spettacoli che mescolano cabaret, rivista, performance e rilettura Drag dei classici teatrali. Ma anche laboratori dove uomini e donne con esercizi, trucco ed equilibrio sui tacchi, imparano a far emergere il personaggio Drag che portano in sé. E poi camminate notturne per le strade e i parchi di Milano, podcast, eventi online, pillole audio.
Vederle in trasformazione è un'esperienza affascinante, uomini che si plasmano il volto e il corpo per rinascere in una forma nuova libera e divina, inaccessibili creature che con grazia ed ironia cantano e irridono gli stereotipi e i pregiudizi di genere, farfalle dai colori sgargianti che con coraggio esplorano i propri limiti spostando l'asticella sempre un poco più in là, a misurare sulla pelle l'interconnessione tra se stessi e il mondo. Pronte per il loro pubblico salgono le scale del palco, fluttuando sui tacchi alti entrano in scena con il loro scintillante corpo, corpo performativo, corpo estetico, corpo politico.
La promessa del luna park
Quando aprì nel 1965, in pieno boom economico, si chiamava Lunapark Milano e restava aperto solo poche settimane all'anno. Oggi è una parco permanente, si chiama Europark Idroscalo Milano ed è una struttura in continuo rinnovamento, con attrazioni sempre più adrenaliniche ma anche, come mi spiega il direttore Francesco Burzotta, attento alle famiglie con giostre per bambini sempre nuove e punti di ristoro per tutti i gusti.
Ho deciso di visitarlo di giorno, sonnecchiante e silenzioso, prima dell'inizio del week end milanese.
Perché il luna park dell'immaginazione è sopratutto una promessa; set sfavillante di svariate pellicole e videoclip, ambientazione inquietante di storie paurose, luogo romantico dove scambiarsi i primi baci. Complici le luci, la musica e quelle scenografie a metà tra il kitsch e il freak, il luna park rimane alla fine un luogo dove ci si emoziona, ci si spaventa, si urla e si ride tanto.
Passeggio tra le giostre dai sedili coperti, in mezzo alle macchinine degli autoscontri. Mentre osservo le geometrie di montagne russe e ruote panoramiche, torri altissime pronte a far cadere nel vuoto, mi ritrovo faccia a faccia con un'enorme teschio che mi guarda beffardo dalla casa dell'orrore. Chissà se posso fare qualche scatto interessante anche all'interno.
Salgo le scale, scosto una pesante tenda di plastica ed entro. E' tutto silenzioso e buio. Accendo la torcia del cellulare ma vedo pochissimo, è decisamente buio, molto buio, troppo buio! Faccio dietrofront e in pochi passi veloci sono di nuovo fuori alla luce, battito accelerato e fiato corto. Rido tra me pensando che il luna park emoziona anche da spento.
Ho deciso di visitarlo di giorno, sonnecchiante e silenzioso, prima dell'inizio del week end milanese.
Perché il luna park dell'immaginazione è sopratutto una promessa; set sfavillante di svariate pellicole e videoclip, ambientazione inquietante di storie paurose, luogo romantico dove scambiarsi i primi baci. Complici le luci, la musica e quelle scenografie a metà tra il kitsch e il freak, il luna park rimane alla fine un luogo dove ci si emoziona, ci si spaventa, si urla e si ride tanto.
Passeggio tra le giostre dai sedili coperti, in mezzo alle macchinine degli autoscontri. Mentre osservo le geometrie di montagne russe e ruote panoramiche, torri altissime pronte a far cadere nel vuoto, mi ritrovo faccia a faccia con un'enorme teschio che mi guarda beffardo dalla casa dell'orrore. Chissà se posso fare qualche scatto interessante anche all'interno.
Salgo le scale, scosto una pesante tenda di plastica ed entro. E' tutto silenzioso e buio. Accendo la torcia del cellulare ma vedo pochissimo, è decisamente buio, molto buio, troppo buio! Faccio dietrofront e in pochi passi veloci sono di nuovo fuori alla luce, battito accelerato e fiato corto. Rido tra me pensando che il luna park emoziona anche da spento.